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Tra ombra e luce

Cristo è la Luce. Il suo mistero, anzi il suo nome, è “Luce da Luce”. La Chiesa intera riprende il cantico del vecchio Simeone che proclama il bambino di Betlemme “Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”.

Noi siamo fatti per la luce, tanto che quando nasce una bambina o un bambino si dice, con una espressione felice e stupenda, che…vengono dati alla luce!

Quelle di Simeone sono le ultime parole dell’Antico Testamento, e sono una preghiera di luce. La luce unisce Antico e Nuovo Testamento e diventa la norma dell’esistenza cristiana, poiché essa è il linguaggio dell’anima e dà un tono di verità ed umanità anche al nostro dialogo quotidiano con le persone che vivono accanto a noi: il dialogo con Dio e il dialogo coni fratelli vivono della stessa ispirazione.

La grande filosofa ebrea Simone Weil maturata in una scoperta progressiva di Gesù, anche se morì prima di poter ricevere il battesimo scrive che ogni uomo e ogni donna “camminano tra l’ombra e la luce”: cioè tra la pesantezza della nostra umanità spesso refrattaria alla luce e la fedeltà della grazia che non ci abbandona. È questa la nostra esperienza: non siamo sempre fedeli alla luce ma, per grazia di Dio, non siamo mai nemmeno condannati all’ombra definitiva del male.

Preghiera e luce sono dunque inscindibili, sono sempre insieme, anche quando il luogo in cui preghiamo è nella penombra per facilitare un raccoglimento migliore. Ci sono luoghi di preghiera che sono anche scuole di preghiera e lo scopriamo quando abbiamo la grazia di pregare ad esempio in alcune antiche chiese medievali.

La prima luce, la luce dell’alba, entra dall’abside e ha la purezza e la sorpresa di ciò che è nuovo e affascinante. Anche noi abbiamo conosciuto la preghiera dell’alba, quella della nostra giovinezza, nata dall’incredibile scoperta di una luce inviata proprio a noi, la luce della nostra vocazione, un dono perfetto che non abbiamo meritato e ha avuto molte somiglianze con l’annunciazione della Vergine Maria. Da questa luce è partita la nostra storia, accompagnata dalla preghiera.

La seconda luce è la luce del mattino, quando il sole ha già guadagnato la prima delle finestre della navata a sud. Noi abbiamo conosciuto questa luce e l’abbiamo accompagnata con la preghiera del mattino. È la preghiera del percorso formativo, di maturazione umana e spirituale, di costruzione della nostra identità: la preghiera che cerca, che interroga Dio e gli altri e immagina il futuro dentro questa luce e questa preghiera.

Ma il sole cammina e conquista un’altra finestra, raccoglie la luce del giorno e si dispiega in tutta la sua gloria. Tutto il tempio è avvolto da una luce che fa pensare al Cielo: non è più solo una luce terrena. Le navate e le colonne sono un inno alla luce di Dio. Anche noi siamo entrati nella pienezza della nostra umanità e anche la preghiera è divenuta la preghiera del giorno. Ci è stato detto: “Voi siete la luce del mondo” e abbiamo cercato di farci obbedienti a questo impegno, lavorando con le nostre mani, interpretando la volontà di Dio, uscendo dall’ombra delle nostre debolezze, delle pigrizie, dei peccati. Ma l’ombra è ancora tanta; ma per fortuna, la luce di Dio è più grande. E ci resta sempre la preghiera che è capace di generare luce anche da poveri stoppini fumiganti.

 
Il giorno tramonta, ma la luce non è finita: c’è ancora un’altra luce: la stupenda luce della sera che, quando il sole punta ad occidente, raggiunge la facciata e investe il grande rosone con i suoi vetri multicolori. È un momento magico: ora è illuminata la pala dell’altare e i muri e le colonne vivono un moltiplicarsi breve ma fulgente di colori, di sfumature, di ombre e di luci. E‘ la luce più bella! E per noi comincia la preghiera della sera. Dobbiamo prepararci e abituarci alla preghiera della sera, la preghiera della terza e quarta stagione della vita. Essa può diventare la preghiera più bella, la sintesi di tutte le nostre preghiere, piena di colori, come i vetri del rosone investiti dalla luce del tramonto.

La luce non ha età. Così è della preghiera. Anche quando giunge il tramonto della nostra vita, e magari dobbiamo lasciare le opere cui abbiamo servito con gioia e dedizione, ci resta la luce della sera, che raccoglie tutte le luci: dell’alba, del mattino e del giorno, poiché nulla va perduto. E il grande viaggio della luce è identicamente il grande viaggio della preghiera, anzi della vita. Il discorso ci ha portato lontano, ma forse non tanto. Possiamo intonare con gioia, insieme con il profeta Simeone e la profetessa Anna, il cantico della luce della sera. E se siamo giovani, impariamo dalla storia della luce nella vita di consorelle e confratelli.

Simeone e Anna erano due profeti, non perché sapevano in anticipo come le cose andavano a finire, ma perché nel tempo dell’incertezza avevano mantenuto la speranza e predicavano la speranza a chi l’aveva perduta.

mons. Giuseppe Rizzo

Delegato Vescovile per la Vita Consacrata

e gli Istituti Secolari

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