È giunta la sera del giorno di Pasqua. Il Signore, risorto, viene a visitare i suoi discepoli. Durante l’ultima cena aveva detto che non li avrebbe lasciati orfani, che sarebbe tornato e avrebbe dato loro lo Spirito, in forza del quale li avrebbe resi suoi testimoni. Ora mantiene le sue promesse.
I discepoli sono chiusi nel Cenacolo, con le porte sprangate: hanno paura e il loro cuore è pieno di dolore e di sfiducia. In questa situazione, viene Gesù. Egli, che è stato tradito, rinnegato, lasciato solo dai suoi, torna da chi lo aveva abbandonato; non si vergogna dei suoi fratelli, non li accusa, ma porta la sua pace.
Quei discepoli siamo noi, spesso chiusi nelle nostre paure, nelle delusioni, nei nostri sensi di colpa, nelle nostre debolezze, che fanno buio dentro di noi e fanno del nostro cuore un sepolcro. Ma nessuna chiusura ferma il Signore. Nessuna fragilità è per lui un ostacolo, come non lo è stato la pietra che chiudeva il sepolcro.
Lui entra, di sua iniziativa viene incontro ai discepoli, che sono persone fragili, come noi. Ci cerca e ci incontra anche nel nostro buio, nel luogo chiuso dove ci troviamo, e proprio lì ci fa risorgere attraverso la sua pace e la sua gioia.
Come porta la sua pace? Gesù viene e cosa fa? Mostra le mani e il fianco: i segni del suo amore per noi. Le ferite della croce rivelano chi è il Signore per noi e chi siamo noi per Lui. In queste ferite io scopro fin dove arriva l’amore di Dio per me e che io sono oggetto del suo amore infinito.
Da qui scaturiscono la pace e la gioia: la pace di chi sa che la propria vita è sorretta da una Presenza fedele e provvidente, la gioia di chi sa di essere amato all’infinito.
E questa gioia ci spinge verso i fratelli, perché anch’essi possano fare la stessa esperienza. Il Signore invia i discepoli ad amare così come sono amati. Per questo dona lo Spirito, che è il suo soffio vitale, la sua stessa vita. Gesù dà se stesso, la vita di Dio diventa anche nostra. La vita di Dio è l’amore, ci viene donato di vivere nell’amore del Padre e del Figlio, che si riversa su di noi. E noi, accogliendolo, diventiamo come Lui, che è stato inviato dal Padre a rivelare il suo amore verso gli uomini. Con il suo stesso Spirito, anche noi diventiamo capaci di amare così, siamo figli che rivelano l’amore del Padre ai nostri fratelli.
L’amore del Padre si concretizza tutto nel donare e nel perdonare. Questa è stata la missione di Gesù e diventa ora anche la nostra.
Il giorno di Pentecoste celebriamo il dono dello Spirito Santo ai primi discepoli, ma questo regalo non fu dato solo una volta: è un avvenimento continuo nella vita di ogni singolo credente e della Chiesa. A noi spetta solo di accoglierlo.
sr Sara della Trinità