In questa domenica, riceviamo un rinnovato invito ad inabissarci nel mistero di Dio. Ci sostiene la tradizione della Chiesa, che nei secoli ha meditato sul mistero di Dio Trinità e ne ha elaborato una ricca riflessione teologica. Anche nella nostra esperienza personale possiamo chiederci com’è il nostro rapporto con Dio, se nella nostra vita ci parla maggiormente come Padre, o nel Figlio o nello Spirito Santo. E poi lasciarci toccare dall’annuncio di oggi, così grande che ha bisogno di essere preso a piccole dosi per volta, custodito nella memoria e nel cuore, ricordato nel corso della giornata, perché piano piano scenda dalla comprensione della testa ad una comprensione della nostra esistenza tutta. Si parte da Lui: Dio ha tanto amato il mondo. Dio ci ha tanto amato. Questo è il punto di partenza. La nostra origine. L’amore di Dio. La radice della nostra identità profonda. Questo è lo sguardo di Dio sulla nostra persona, la sua prospettiva. Di amore. Siamo chiamati a ritrovare la strada verso questa origine. Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, (…) Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa.(…)” (Isaia 35,4). Questo ritorno alle nostre origini, l’amore del Padre, è vitale. Segna un salto di qualità nella nostra vita, in termini di gioia, senso, pienezza. È così vitale, che per questo Egli ci ha fatto il dono più grande, il Figlio, l’unigenito. Attraverso la sua umanità, conosciamo il Padre, possiamo ritornare a Lui. “Per essere a parte dei segreti di Dio, bisogna passare per questa porta. Perciò chi lo segue non voglia cercare altra strada, nemmeno se già al sommo della contemplazione, perché di qui si è sicuri. Da questo dolce Signore ci deriva ogni bene. Egli ci istruirà. Studi la Sua vita e non troverà un modello più perfetto” (S. Teresa, Vita, c. XXII, 6-7). Attraverso la persona di Cristo abbiamo la vita eterna, la salvezza. Torniamo a radicarci su ciò che non passa, su ciò che resta e che conta. Non vi è condanna se ci siamo allontanati, smarriti nei nostri affetti e nelle nostre scelte di vita. L’atto di tornare a Lui, di credere, è un atto di assoluta fiducia e abbandono, in un amore che non conosce condanna.