Questa domenica il Vangelo ci parla della Trasfigurazione. Gesù chiama in disparte i suoi amici, Pietro, Giacomo e Giovanni e li conduce sul monte Tabor, dove partecipano alla preghiera di Gesù, durante la quale lo vedono trasfigurato. Ma cosa significa trasfigurazione? Cambiare di aspetto? Manifestarsi? La parola trasfigurazione, in greco metamorfosi, non indica un cambiamento, ma un “andare oltre”, méta morfosi, andare oltre la forma, vedere oltre l’apparenza, rivelare ciò che è nascosto, ciò che non è immediatamente visibile. Gesù nella sua vita terrena appare come uomo, mangia, dorme, sente la stanchezza, prova gioia, dolore, ha dei sogni, dei desideri, proprio come ciascuno di noi. Come sappiamo, non tutti lo hanno riconosciuto come Figlio di Dio, solo alcuni hanno saputo riconoscere la sua divinità, andando oltre l’apparenza. Il suo essere veramente uomo e veramente Dio è, infatti, la causa che fa scattare la sua condanna a morte, perchè i farisei lo accusano di bestemmia, “chi credi di essere tu, che ti dici figlio di Dio?”. Sul monte Tabor, luogo per eccellenza di incontro con Dio nella storia del popolo d’Israele, per un attimo Gesù si mostra ai suoi amici come lo vede il Padre. Vengono all’improvviso coperti da una nube luminosa, quella stessa nube che aveva accompagnato il popolo d’Israele durante gli anni nel deserto, simbolo della presenza del Dio fedele che li accompagna e custodisce nel cammino, e sentono la voce del Padre che dice: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”. L’essere in disparte, in un luogo solitario, in ascolto e in attesa di un incontro con Dio, ha permesso a Pietro, Giacomo e Giovanni di andare oltre. Eppure erano ogni giorno con Gesù, ma forse ancora non avevano guardato la realtà come la vede Dio, andando oltre l’apparenza, scoprendo il segreto nascosto nella persona di Gesù.
Anche noi spesso rimaniamo alla superficie delle cose, e rischiamo di perderci la parte migliore della vita, quella nascosta in ogni esperienza, in ogni persona, in ogni attimo, anche in noi stessi.
Gesù vive da figlio, è consapevole della sua identità, si vede come lo vede il Padre. Questo è un invito anche per noi oggi: vivere ogni attimo con la consapevolezza che a noi il Padre rivolge la stessa affettuosa espressione “tu sei il mio figlio, l’amato. In te mi sono compiaciuto”. Tante volte passiamo anni della nostra vita a non accettarci per come siamo… eppure siamo figli amati da un Padre tenerissimo. Lasciamoci condurre anche noi da Gesù nel silenzio della preghiera, in ascolto della parola del Padre che ci rivela la nostra vera identità! Tu sei mio figlio, ti amo, mi prendo cura di te ogni momento, sono con te nella gioia e nel dolore.
Gesù ci ha svelato il codice per interpretare tutta la realtà: vivere da figli del Padre. Sotto questa chiave di lettura possiamo guardare noi stessi, la nostra storia, le persone con cui viviamo, le situazioni, la vita e la morte, la gioia e la sofferenza sotto una nuova luce, andando al cuore delle cose, in profondità. Un po’ come quando ci si innamora, si vedono tracce dell’amato in ogni cosa, anche il più piccolo gesto diventa segno di un grande amore. Così possiamo scoprire le tracce dell’Amore del Padre ovunque: in noi, nella nostra storia, nella bellezza di un fiore, nel canto di un usignolo, nelle persone che abbiamo accanto. Tutto si trasfigura, se ci lasciamo condurre da Gesù nel silenzio, in disparte e ci mettiamo in ascolto della sua Parola che ci rivela chi siamo veramente, oltre l’apparenza.
Potremo esclamare allora con San Pietro “Signore, è bello per noi essere qui!”.
sr Maria Francesca del Buon Pastore