Vivendo da povero tra i poveri, egli comprende una verità fondamentale: più si getta nell’attività, più c’è bisogno di pregare e far pregare: “Quando ho incontrato i poveri, i lebbrosi, mi sono accorto che, se anche avessi costruito un’organizzazione perfetta per curare i corpi, non avrei risolto i problemi di questa gente. Ho capito allora che la priorità assoluta era quella spirituale: tutti i mezzi economici e tecnici contano, bisogna usarli, ma non valgono nulla se non sono accompagnati dall’amicizia, dall’attenzione alle persone, dall’aiuto di Dio”.
E ancora: “ Ho scelto le Suore Carmelitane di Firenze perché, per avvicinarsi a dei malati gravi, a poveri che non hanno più speranze umane, a sofferenti abbandonati da tutti, ci vuole una preparazione di preghiera e di contemplazione. Quando tutte le speranze umane vengono a cadere, rimane solo Dio”.
Ha desiderato il piccolo Carmelo anche come fonte di energia e di ristoro per i sacerdoti e i missionari che affrontano le sfide della missione evangelizzatrice.