“Pensate al Libano, un Libano martire, sconvolto dalle ripercussioni di questa crisi.”

Questa frase l’ha pronunciata Papa Luciani nell’Udienza Generale del Mercoledì, 6 settembre 1978, e trova la sua risonanza ancora oggi, nella preghiera di Papa Francesco per il Libano del 1 luglio 2021: “Progetti di pace e non di sventura. In questi tempi di sventura vogliamo affermare con tutte le forze che il Libano è, e deve restare, un progetto di pace. La sua vocazione è quella di essere una terra di tolleranza e di pluralismo, un’oasi di fraternità dove religioni e confessioni differenti si incontrano, dove comunità diverse convivono anteponendo il bene comune ai vantaggi particolari”.

Stiamo parlando a 43 anni di distanza, ma in una situazione che continua a ripetersi nel nostro amato Libano. Continua il popolo libanese, quello semplice che vive di buona fede, ad essere vittima della manipolazione di pochi che fanno i loro interessi, e purtroppo, trovano ancora chi dà loro ascolto e li segue, causando sempre più un disaccordo che non aiuta a trovare soluzioni radicali per una via d’uscita.

Questo è quello che chiediamo al Signore: che scuota le coscienze e i cuori dei responsabili della corruzione che c’è in Libano e che restituisca al popolo libanese il suo diritto ad una vita dignitosa. “Questo caro Paese, tesoro di civiltà e di spiritualità, che ha irradiato nei secoli saggezza e cultura, che testimonia un’esperienza unica di pacifica convivenza, non può essere lasciato in balia della sorte o di chi persegue senza scrupoli i propri interessi. Perché il Libano è un piccolo-grande Paese, ma è di più: è un messaggio universale di pace e di fratellanza che si leva dal Medio Oriente” (Papa Francesco). Il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il cardinale Leonardo Sandri, ci testimonia: «In Libano la comunità cristiana, in tutte le sue componenti, si interroga, riflette e prega: lo fa nelle persone dei Capi delle rispettive Chiese e Comunità ecclesiali, che vengono a Roma non portando soltanto sé stessi, ma il grido di un popolo, che certamente li accompagna in preghiera».

Più della metà della popolazione libanese vive al di sotto della soglia di povertà e la maggioranza dei libanesi ha visto ridursi il proprio potere d’acquisto. La percentuale di libanesi in condizioni di povertà estrema è passata dall’8% al 23% e il popolo, in generale, accede con difficoltà a risorse alimentari e di prima necessità. Il tasso di disoccupazione ha fatto registrare un rilevante incremento e la povertà dilagante ha colpito anche la classe media.

Ciò non avviene tutto d’un colpo, bensì è un processo più grande innescato nel corso degli anni da politici corrotti, per questo molti libanesi temono di vedere il Paese finire, come durante la guerra del Golfo del 1990, come un “premio di consolazione” per il tutore di turno. Ma di questo argomento nessuno parla, a stento è stato nominato il Libano nei telegiornali per l’esplosione del 4 agosto 2020 che ha distrutto il porto di Beirut uccidendo più di 200 persone e ferendone circa 4000; senza contare le strutture, case e strade distrutte. Dal punto di vista umanitario tanti si sono mossi per aiutare il popolo colpito, ma dal punto di vista politico, nonostante i tentativi del presidente Francese Macron, ora a distanza di più di un anno le cose non sono cambiate: sono ancora gli stessi politici a manipolare il paese, ed è il popolo a pagare il prezzo.
Non si può parlare del Libano senza provare dolore per questo popolo desideroso e amante della vita, ricco di cultura e armato di tanto coraggio e fede. Con le parole di papa Francesco, rivolgiamo il nostro sguardo a Maria Madonna del Libano perché “si dilegui la notte dei conflitti e risorga un’alba di speranza. Cessino le animosità, tramontino i dissidi, e il Libano torni a irradiare la luce della pace” Amen.

Sr Nour di Dio Padre