Il cammino verso una trasformazione interiore
Come definiamo la felicità? Perché facciamo quello che facciamo? Possiamo rispondere con il linguaggio della psicologia, ma anche con quello della fede. Di solito ci rivolgiamo alla psicoterapia quando sentiamo di non vivere una vita soddisfacente. Desideriamo superare i vari limiti o le vecchie ferite che ci fanno ancora male. Anche la fede ha il suo metodo e i suoi mezzi per raggiungere la guarigione, la completezza e la vera felicità. Le tradizioni religiose sono scrigni che conservano le preziose esperienze interiori che sono state già acquisite lungo il corso dei secoli. La domanda fondamentale che ci poniamo in questo contesto è: chi sono io? Cosa significa essere una persona? Vogliamo trovare una stabilità di base. Un proprio centro. Un punto di osservazione da cui partire per crescere come persone.

L’orazione, o preghiera, è la via più efficace in questo processo verso una vita piena. La preghiera, o la preghiera contemplativa, come la meditazione, descrive il mio rapporto con la realtà. La realtà così com’è. All’interno di questa relazione, la realtà può essere affrontata con gentilezza, con comprensione. Giovanni della Croce, mistico carmelitano spagnolo, maestro dell’esperienza spirituale, parla di atenciòn amorosa, l’attenzione amorevole con cui guardo ciò che vivo, ciò in cui vivo, ciò che mi circonda. E cerco il mio posto e le mie risorse in esso.
A volte la persona durante la meditazione non riesce ad avere questo sguardo amorevole… È vero che abbastanza spesso durante la preghiera non incontro il volto della realtà che mi dà forza e mi sostiene, bensì tocco una realtà di me che è in qualche modo dolorosa. Paradossalmente, quando mi permetto di rimanere a contatto con questa mia realtà, durante il tempo della meditazione, imparo anche a guarirla, a lasciarmi guarire, in modo che il dolore piano piano si plachi e un’altra realtà e un’altra visione, che possiamo chiamare amorevoli, possano venire. Questo sguardo amorevole ce l’abbiamo da qualche parte in noi, ma di solito è oscurato, coperto da esperienze di vita che ci impediscono di toccare quel qualcosa di così buono che è in noi.
Tutto ciò di cui stiamo parlando si basa su più di mille anni di tradizione. Una delle prime fonti che abbiamo sono le testimonianze dei padri e delle madri del deserto. Erano monaci che lasciarono le città e si stabilirono nel deserto intorno al III-V secolo in Medio Oriente. Si sono allontanati dal trambusto della civiltà per dedicarsi completamente a questa trasformazione spirituale. A loro accadeva la stessa cosa che sperimentiamo noi oggi: invece di scoprire la felicità, la pienezza e la pace durante la meditazione, si sono imbattuti nei loro “demoni” interiori, con i quali dovettero dunque imparare a trattare. Hanno scoperto tutto il potenziale, buono e cattivo, che c’è nell’uomo. E quando hanno scavato nel loro io interiore, hanno trovato Dio allo stesso tempo, ed è cresciuta ancora più forte la loro fede nel fatto che gli uomini sono intrinsecamente buoni e attraverso tutti gli ostacoli interiori possono finalmente raggiungere la loro dignità originaria.
Come dice la mistica carmelitana spagnola Teresa d’Avila, il viaggio verso l’interiorità, dove scopriamo la risposta alla domanda su chi sono, è solo il primo passo. Il nostro nucleo guarito alla fine inizia ad aprirsi verso le altre persone. La persona non rimane isolata, ma esce nel mondo. Ognuno secondo le proprie possibilità. Qualcuno sa ascoltare e trasmettere comprensione, un altro ispira profonda fiducia, un altro lavora nella sfera sociale. Qualcuno è un buon cuoco o un buon astrofisico. Non è importante cosa si fa. La persona a volte può semplicemente irradiare questa luce di Cristo. Non deve necessariamente fare molti discorsi intelligenti, bensì con questa persona ci sentiamo semplicemente a nostro agio. La sua stessa esistenza fa bene agli altri. Ciò è molto prezioso e raggiungibile da chiunque.
A volte accade che gli ostacoli in noi sono così pronunciati che dobbiamo procedere con pazienza, dolcezza e compassione. Posso avere in me una motivazione che è fuorviante, ad esempio quando c’è troppa distanza tra il mio ideale e la realtà: voglio qualcosa, ma lo considero irraggiungibile. Ad esempio, so che Dio è buono e che se amo me stesso, le persone e il mondo, vivrò una vita in pienezza. Peccato che però ora sono arrabbiato con qualcuno o da mesi sperimento dentro una lotta personale. Come colmare il divario tra l’esperienza attuale e l’ideale che conta per me? Non devo ridurre l’ideale, non devo nemmeno banalizzare quello che sto vivendo in questo momento… Una persona matura, santa, può portare dentro di sé entrambe queste esperienze: la consapevolezza dei propri limiti e il dono di vivere per qualcosa di veramente bello e buono, più grande di lui. La capacità di purificare le proprie motivazioni e di distinguere se siamo autentici o se mentiamo a noi stessi, ci viene data da secoli di tradizione spirituale. Oltre a una guida spirituale, aiuta anche stare in ritiro o partecipare agli esercizi spirituali, durante i quali ci permettiamo di concentrarci sull’essenziale.
Quando entriamo in convento, si presume che abbiamo in noi motivi grandi: amiamo Dio e vogliamo vivere con Lui. Ma ci sono altre cose legate a questa motivazione principale di cui spesso non siamo nemmeno a conoscenza. Durante i primi anni di formazione religiosa, soprattutto nello spazio della preghiera e nel confronto con le persone che ci accompagnano, guardiamo alle nostre motivazioni e lasciamo che si purifichino. Perché… forse abbiamo paura di qualcosa. Ad esempio, delle relazioni. O della solitudine. Ancora oggi lavoro, tra l’altro, con giovani che si preparano alla vita religiosa, e spesso inconsciamente si fissano su un ideale che si sono creati sulla base della lettura o degli insegnamenti di qualche maestro spirituale. È molto difficile rinunciare a un tale ideale, ma quando alla fine ci si riesce, si arriva davvero a una trasformazione. Si trova la propria strada. Tuttavia, è necessario attendere il momento giusto. Niente può essere affrettato. Ma questo non riguarda solo la vita religiosa. Tutti i principi citati possono essere applicati alla vita quotidiana di ogni persona.

Sr Denisa