La vera e propria vita dell’anima è qualcosa di afferrabile tramite la percezione interiore. E la percezione interiore è una modalità conoscitiva completamente diversa da quel primo aver sentore di ciò che si sprigiona dal profondo (…). Di ciò che inizia la salita diventando percettibile, non tutto viene realmente afferrato (…). Soltanto chi vive completamente raccolto in se stesso presta una vigile attenzione a questi moti primi-primi. (…) Il proprio intimo risulta nascosto all’uomo. Sembrerà strano, ma è un dato di fatto, che l’anima ordinariamente non sta al suo posto. Esistono poche anime che vivono davvero rinchiuse nel loro intimo e attingendo la linfa dal loro intimo; e ne esistono ancora meno che ci vivano e ne vivano in modo stabile e duraturo. Normalmente gli uomini soggiornano negli ambienti esterni del castello costituito dalla loro anima. Ciò che proviene loro dall’esterno, li trascina all’esterno; per cui Dio è obbligato a chiamarli e ad allettarli con un appello ben chiaro e distinto se vuole indurli a “rientrare in se stessi”.
Mantenendosi nel più profondo intimo di questo suo regno interiore, l’anima lo domina tutto ed ha la libertà di recarsi in qualunque luogo le torni gradito, pur senza abbandonare il suo posto, il luogo del suo riposo. (…) Il punto più profondo è contemporaneamente la sede della sua libertà: il luogo del suo riposo. (…) Il punto più profondo è contemporanemente la sede della sua libertà: il luogo in cui essa può abbracciare integralmente il suo proprio essere e decidere in materia. (…)
L’uomo è chiamato a vivere nel suo intimo, prendendo in mano la regia di tutto se stesso, per quanto è possibile, operando da questo punto. Soltando prendendo le mosse da qui è attuabile poi l’esatto confronto con il mondo: soltanto movendo da qui l’uomo può trovare nel mondo il posto assegnatogli. Malgrado tutto questo, l’uomo non esplora mai integralmente il suo intimo. È un segreto di Dio, un segreto che unicamente Lui può rivelare nella misura che gli piace. Tuttavia questo intimo è affidato all’uomo, egli può deciderne nella più perfetta libertà, ma ha pure il dovere di conservarlo come un bene prezioso datogli in consegna. (…) Dio stesso lo ha scelto a sua dimora preferita. (Edith Stein, Scientia Crucis, p.179)
La dialettica fra interiorità ed esteriorita’ credo che crei ‘l’intimo.
Come il cibo trasformato produce il nostro corpo, così ciò che è esterno a noi dà consistenza ad una interiorità sempre in divenire, che tuttavia ha un nucleo ‘intimo’ che la determina.
L’esteriorita’ è costituita da ciò che ci vive e da quanto noi scegliamo di vivere, ma l’intimità non ha catene.