La liturgia in questa festa della Trinità ci propone l’ultimo brano del Vangelo di Matteo. Gli Undici appena vedono Gesù, si prostrano, perché davanti al Signore Risorto non c’è altro da fare che inginocchiarsi e contemplare la sua grandezza. Loro adorano Gesù sì, ma dentro il cuore e la testa portano tanti dubbi e domande, e infatti Matteo sottolinea: “Essi però dubitarono.” Forse noi possiamo capire bene i discepoli, perché capita anche a noi di dubitare, diffidare … etc.
La cosa importante non è avere o meno dubbi o obiezioni; la cosa fondamentale è: che ne facciamo di questi dubbi, domande, fatiche, perplessità, ragionamenti, crisi …?
Chiediamoci: cosa faccio quando mi rendo conto che sono ingolfato nei miei dubbi? Lascio che mi allontanino dalla preghiera e mi chiudano in me stesso?
Preferisco andare all’incontro con Gesù solamente dopo aver cercato di risolvere da me i mille perché che mi ronzano nella testa?
Oppure vado dal Signore e ogni mio dubbio e crisi diventa un’occasione di intimità nel colloquio con Lui?
La scelta è mia e sono completamente libero di scegliere.
Gli Undici hanno scelto di andare dal Signore con tutti i loro dubbi.
Matteo dice: “Gesù si avvicinò” Proprio così, Gesù davvero è il nostro prossimo, Lui è il nostro alleato. Lui sa davvero farsi vicino a noi specialmente nei momenti difficili e impegnativi, quando non converrebbe neanche stargli vicino. Infatti sta alla porta e bussa, tocca a noi aprirgli e condividere con Lui tutto ciò che portiamo dentro.
Dunque “Gesù si avvicinò”. Colpisce molto che Gesù non li rimprovera né per i loro dubbi quando lo vedono, e nemmeno perché lo hanno lasciato da solo e sono fuggiti. Al contrario sembra quasi che senta compassione verso di loro e per questo si fa vicino e li tranquillizza.
“A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra.” Che c’entra ora il potere? Perché quest’autoaffermazione di Gesù? Forse perché solo Lui, Gesù, con il suo potere, può cambiare uomini fragili, dubbiosi, incerti e insicuri in testimoni ed evangelizzatori. Addirittura li rende missionari, dicendo loro: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato.”
È come quasi restituire loro la fiducia persa ricordando che, nonostante dubbi e perplessità, anche loro possono diventare inviati, come Egli è l’Inviato dal Padre. È stato sufficiente non nascondere la propria realtà interiore, ed ecco che il Figlio Gesù li inserisce nel rapporto di amore infinito e misericordioso della Trinità, Lui che ha ogni potere in cielo e sulla terra.
Dunque questi inviati cosa dovrebbero fare? Gesù dice: battezzateli, ovvero immergeteli nell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; inseriteli in questa Famiglia Santa che sa amare, abbracciare e accogliere; dite che esiste un amore più grande che va oltre le nostre contraddizioni; annunciate un amore Unico e Trino.
Probabilmente nei discepoli sono scattate resistenze davanti a questa novità/vocazione, come qualche volta capita a ciascuno di noi di fronte ad ogni chiamata nuova da parte del Signore. Quante volte ci lasciamo vincere dalle scuse e dalle giustificazioni, e ci convinciamo che non possiamo assolutamente buttarci in questa nuova missione … Gesù sa tutto questo, Lui che “scruta la mente e saggia i cuori.” Promette di essere sempre al loro fianco: “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” e noi sappiamo che: “Egli è fedele” (1Gv 1,8) alle sue promesse.
Ecco, il messaggio di questa domenica della Trinità è un invito a tuffarci nell’oceano dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, coltivando uno sguardo contemplativo che sa andare in profondità, rimanendo sempre in comunione intima con Dio, senza spaventarci dei nostri dubbi e infedeltà.
sr Dina della Santa Famiglia
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