Oggi il Vangelo ci invita ad andare alla nostra sete, quella che cerchiamo di placare venendo riconosciuti o nel lavoro, o nelle relazioni. Ci chiede di riconoscere quella spinta interiore che ci fa vivere la vita come una grande competizione, dove valiamo qualcosa se ne siamo i primi, altrimenti ci sembra di non aver più valore. Questa sete di potere, prestigio, successo, ci lascia frustrati. Gesù non si lascia strumentalizzare dai nostri desideri mal collocati, ma ci propone un cambio di prospettiva.
Questa svolta avviene nel servire.
Non nella tensione del prevalere sull’altro,
ma nell’atto di servirlo.
Il servitore, il cameriere, serve per nutrire i suoi convitati, che nel pasto condiviso fanno inoltre un’esperienza di comunione.
Cristo ci nutre, è a servizio della nostra vita, ogni volta che tocchiamo questa paura “di non contare”, ogni volta che avvertiamo la sete di essere stimati a amati, Lui si china e ci serve. Cristo è a servizio della nostra comunione, ovvero della mia capacità di aprirmi e unirmi veramente all’altro. E come ogni cameriere, serve in modo anonimo, senza essere notato, è semplice strumento della nostra gioia.
Fin tanto che beviamo al pozzo del potere, scopriremo sotto la tensione della competizione, arsura e amarezza. Quando beviamo l’acqua viva della relazione con Cristo, troviamo pace.
Servendo, amiamo, e dunque viviamo.
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